“Un Amore Impossibile”


di mades
“Un Amore Impossibile” è una storia d’amore molto intensa, finita, ed è il mio primo racconto; tengo a precisare che non sono uno scrittore e nemmeno un giornalista. Alcune belle e simpatiche amiche conosciute in rete mi hanno spinto a mettere nero su bianco le mie avventure piccanti e così ci ho provato… Queste tre ragazze lo hanno letto in anteprima e a loro è piaciuto molto. Una in particolare si è ritrovata – diciamo così – molto eccitata durante la lettura. Questa vicenda ebbe inizio nel settembre 2007 quando, rientrando a casa, vidi un agente immobiliare che consegnava le chiavi del miniappartamento attiguo alla mia abitazione a tre persone distinte, verosimilmente una famiglia composta da padre, madre e una figlia poco più che maggiorenne.
Poco dopo essere entrato a casa, udii suonare il campanello e quando aprii la porta vidi che erano queste persone che molto educatamente si presentarono chiedendo la posizione dei vari contatori per mettere i uso le utenze domestiche. Si trattava realmente di una famiglia; veniva dal Cilento: il signor Vincenzo, dirigente di un Ente pubblico, la signora Laura, maestra di Scuola d’infanzia e la loro figlia BARBARA appena iscrittasi all’Università degli Studi di Verona presso la facoltà di Medicina e Chirurgia. Mi spiegarono altresì che sarebbe stata la ragazza la mia nuova vicina e l’appartamento l’avevano preso in locazione per poter sporadicamente trascorrere qualche giorno in compagnia della figlia che si trasferiva per motivi di studio così lontano da casa. Feci notare con titubanza che la zona, seppur molto vicina a Verona ed esteticamente piacevole, era tuttavia servita disorganizzatamente dai mezzi di trasporto pubblici. Parlando con loro notai anche la somiglianza impressionante della ragazza con la giovane attrice televisiva Alessandra Mastronardi con un’unica differenza: Barbara aveva gli occhi azzurri. In mia presenza il signor Vincenzo fece presente alla figlia che era stata fortunata a trovare senza averlo minimamente cercato un vicino di casa con la mia cortesia (?) e approfittare di questo fatto qualora avesse dovuto fronteggiare qualche emergenza o chiedere delle informazioni su consuetudini locali. Trascorsi nove giorni di convivenza con i genitori, Barbara rimase da sola per iniziare il suo nuovo corso di studi e non tardò a farsi viva. Il primo giorno mi chiese del sale da cucina, il secondo una lampadina, il terzo come compilare la dichiarazione per lo smaltimento rifiuti urbani, il quarto un passaggio in motocicletta per acquistare in una rivendita diversa dalla solita i biglietti dell’autobus, il quinto un aiuto a sistemare una tavoletta del WC molto instabile e questo fu un problema più complesso del previsto che comunque risolsi in un’ora circa. Fu così che verso le 21.00 esclamai a Barbara che non avevo assolutamente intenzione di preparare nulla per cena e che se fosse salita sulla mia Honda CBF saremmo andati a Verona in una storica pizzeria gestita da generazioni di pizzaioli napoletani. I suoi occhi straordinari si illuminarono nell’udire ciò e non se lo fece ripetere due volte. Indossò il casco e in un battibaleno era già accomodata sulla moto dietro a me. La serata era ancora tiepida e fu così che dopo cena passeggiammo nei dintorni dell’Arena tenendoci inspiegabilmente la mano. Devo dire che questa situazione mi piaceva e mi faceva sentire sereno. Mi raccontò tutti i suoi progetti, il suo passato di studentessa modello di Liceo Classico e i timori di essersi catapultata in una città così differente sia geograficamente che mentalmente dalla sua. Io le raccontai quanto poco entusiasmante fosse il mio lavoro, quanto mi dessi da fare per riuscire a sostenere tutti i miei interessi e quanto mi divertissi a vivere senza prendermi troppo sul serio. Mi guardava divertita e con curiosità perche, disse, rispondevo assai poco ai parametri a cui rispondevano invece le persone della mia età, cioè i suoi genitori, degli amici di famiglia e i genitori delle sue ex compagne di scuola i quali non frequentavano certo i motoraduni dei poco rassicuranti bikers harleysti “palle quadre”, non ascoltavano certo musica hard rock e non pensavano nemmeno lontanamente di praticare ancora sports a livello agonistico. Le uscite a cena si ripeterono altre volte finchè un pomeriggio la accompagnai in un parco sulle colline proprio a ridosso della città. All’interno del parco vi era un ottimo ristorante argentino e da un poggio, all’accendersi delle luci, si poteva ammirare l’affascinante skyline di Verona. Mi misi dietro a lei e con il viso appoggiato alla sua tempia iniziai a descriverle e farle riconoscere i siti di maggior interesse storico e artistico della città. Durante queste descrizioni le diedi un bacetto sul collo e, siccome non ebbe alcuna reazione, dopo pochi istanti gliene diedi un altro. Si girò verso di me guardandomi con aria interrogativa e io avvicinai la mia bocca alla sua e lei non si spostò. Corsi il rischio di fare una figuraccia ma decisi di baciarla. Fu un bacio lunghissimo che iniziò a cambiare la mia esistenza, ma a turbarmi ancor di più fu una semplice carezza che mi diede sul viso sorridendomi quando rientrammo nelle rispettive abitazioni e ci augurammo la buona notte. Le giornate ed i week end trascorrevano con Barbara sempre impegnatissima con le lezioni, che la costringevano a tre cambi di autolinea all’andata e altrettanti al ritorno su di una distanza di circa 10 km., ed un meticoloso studio. Io sempre occupato dall’ufficio e dai pesantissimi allenamenti sia in palestra che sulla neve per mantenermi ancora uno sciatore agonista a 45 anni. Ma più spesso di quel che si pensi il mio pensiero andava da lei! La svolta decisiva avvenne una sera di dicembre quando, al rientro da un allenamento, trovai praticamente ad attendermi Barbara pallida ed infreddolita; la caldaia del suo appartamento era andata in blocco e non forniva più riscaldamento ed acqua calda da molte ore. Le dissi serenamente che con un bagno caldo o, a sua scelta, una doccia bollente a casa mia si sarebbe rimessa in pari con la cattiva sorte mentre io le avrei fatto ripartire l’impianto di riscaldamento. Le diedi un telo bagno e dopo aver visto il mio ampio box ed il largo diffusore d’acqua della doccia, decise per quella. La pressione della caldaia di Barbara era oltre la soglia di pericolo ma, una volta riportata a livelli normali, l’impianto termosanitario riprese a funzionare regolarmente. Andai verso il bagno per annunciarglielo. Aveva terminato e uscì con l’asciugamano annodato sopra il seno ed i capelli umidi. In prima battuta rimasi senza fiato dalla visione della sua naturale bellezza e deglutii; poi, per allentare la tensione, le dissi che visti i miei capelli da parà non avevo alcun phon in casa da poterle prestare. Ma la tensione non si allentò. Notando il mio imbarazzo da sbarbatello e i miei occhi sgranati mi sorrise fissandomi.....
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